ORAZIONE FUNEBRE PER PEPPINO CATTE
Sono qui, io vecchio, forse perché la tua e la mia vita, per oltre trenta anni, ebbero un medesimo svolgimento di amicizia e di azione politica, sono qui, io vecchio, a dare a te, Peppino Catte, di me assai più giovane, a nome degli amici e dei compagni di partito l’ultimo saluto. A te che eri ancora in età di dare agli amici e ai compagni di partito, alle popolazioni del Nuorese e a tutta la Sardegna, il meglio del tuo ingegno, della tua cultura, della tua capacità politica, della tua umanità: ingegno, cultura, capacità politica, umanità di cui tutti ti riconoscevano dotato.
Tutte le tue doti ci sono state sottratte all’improvviso in un modo ingiusto eppure tanto significativo. E sono state sottratte ai tuoi familiari, già così provati da tante amarezze. Ai familiari che tu amavi con tanta tenerezza.
Pochi uomini possono vantare una coerenza familiare così profonda come la tua. Nella tua famiglia di Oliena avevi trovato l’intelligenza, la cortesia e la ricchezza spirituale che costituivano i caratteri preminenti della tua personalità.
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Anche il tuo antifascismo, che già si era manifestato nel periodo della resistenza, se era dovuto alla tua personalità culturale, si legava naturalmente all’antifascismo del tuo fratello maggiore, uno dei pochi giudici, allora, che trovavano la forza morale di opporsi al regime.
Ma le tue scelte politiche e culturali, così limpide e naturali in te, trovavano anche alimento nella vita nuorese di quei tempi, quando Antonio Dore, reduce dal confino e dalla sorveglianza poliziesca, raccoglieva attorno a sé un attivo nucleo di intellettuali e di operai. Ti ricordano, con Antonio Dore, Gavino Pau, Peppe Bitti, Gaetano Virdis, Efisio Caria, Franceschino Pintore, Raffaello Marchi, Basilio Cossu, Mario Ciusa Romagna, Diddino Chironi e tanti e tanti altri.
Eri più portato alla solitudine di tutti questi tuoi amici e compagni di lotta, ma tu hai preferito vincere la tua inclinazione agli studi appartati e alla calma della riflessione per affrontare la vita politica, la lotta democratica. Questa tua propensione alla solitudine e agli studi è nel ricordo di quanti hanno avuto la fortuna di averti come professore, maestro di cultura e di vita. Ma essa è stata, anche nella vita politica, la fonte prima del tuo grande equilibrio, della tua onestà intellettuale, della capacità di comprendere con intelligenza il senso degli avvenimenti e i rapporti tra le forze in movimento. Doti preziose e rare che tutti, anche i tuoi avversari politici, dovevano riconoscerti con tanti altri meriti.
Anche la famiglia nella quale eri entrato sposandoti era coerente, per il suo antifascismo, con le scelte che tu ti eri imposto. In Gonario Pinna trovavi non soltanto un nuovo legame di parentela, ma anche un congeniale rapporto culturale e morale.
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Non mi è facile ora, con l’animo colmo di ricordi, scegliere i momenti più significativi della lotta che hai combattuto in favore delle classi popolari e per il socialismo. Del resto c’è stata in te una tale continuità e una tale vocazione all’antiretorica, che ogni tua azione ed ogni tuo pensiero politico avevano sempre concreti e profondi significati, sì che tutto di te si potrebbe ricordare ed esserti attribuito a merito.
Da Consigliere Regionale, da segretario della federazione socialista di Nuoro, da segretario regionale del partito, da membro del comitato centrale, da Assessore regionale all’agricoltura sempre hai mostrato quanto la tua opera fosse utile e spesso indispensabile.
La tua battaglia di partito aveva il grande pregio di non chiudersi in stretti ambiti di schieramento; consideravi il partito non come fine a sé stante, ma come strumento della vicenda e della lotta generale per la crescita civile della Sardegna.
Le tue origini, la tua matrice culturale e la tua sensibilità ti portavano ad occuparti in modo particolare delle regioni interne della Sardegna, ma sempre in una visione ampia e collegata con la crescita generale dell’Isola. Di qui derivava in te la tormentosa esigenza di trovare metodi giusti e forme democratiche per la realizzazione del piano della pastorizia.
Il correre così veloce delle cose e l’urgenza del problema, da risolvere prima che guasti irreparabili si verificassero nella società sarda, e in più il tuo rifiuto di affrontare la situazione con autoritarismo e quindi la necessità di far partecipare al piano le popolazioni interessate, ti hanno costretto a sforzi sfibranti.
A questi sforzi non ti sei voluto sottrarre, perché nelle popolazioni delle regioni interne vedevi i soli e veri protagonisti di ogni possibile rinascita, in una situazione estremamente complessa della quale coglievi anche le nuove, pericolose e sottili invasioni. La partecipazione diretta di questi protagonisti alla realizzazione del piano della pastorizia era per te indispensabile e rispondeva anche alla giusta e indiscutibile esigenza di far crescere dall’interno la società sarda.
Di questa tua battaglia, di questo tuo tormento parlavi talvolta con gli amici ed al fondo di ogni tuo discorso, di ogni tua confidenza c’era la decisione di andare avanti, di non sottrarti agli impegni.
Questa battaglia – e tu probabilmente ne eri consapevole – poteva logorarti fino alle estreme conseguenze. E così è stato.
Tu, il solitario, l’uomo inclinato più agli studi e alla riflessione, l’uomo portato agli affetti familiari, hai come sempre vinto questa tua intima propensione per compiere fino in fondo i tuoi doveri di militante.
La morte è stata per te davvero una interruzione della vita. Quel pomeriggio tu avevi partecipato, come Assessore regionale all’agricoltura, ad una assemblea di contadini e pastori a Nurri. Dovevi trovare le indicazioni dei protagonisti per la costituzione di un comprensorio agropastorale. Finita l’assemblea potevi ritornare a casa. Hai preferito, però, compiere anche i tuoi doveri di militante di partito. E ti sei fermato a Nurallao per una assemblea politica.
È qui che la morte ti ha raggiunto. Sono stati i compagni di partito a riportarti a casa, con la tristezza di chi ha perso un fratello.
A noi rimane il rimpianto per l’amico scomparso, per il compagno che sempre ci ha aiutato, ma soprattutto rimane il senso della tua morte, questa lucida lezione di vita che ci hai dato morendo.
Docente di filosofia, Sebastiano Dessanay ha militato nel PCI sino al 1956 per poi aderire al PSI in seguito all’invasione sovietica in Ungheria. Componente della Costituente regionale, fu Assessore all’Industria negli anni ’60 e ’70 e vice-presidente del Consiglio regionale nel 1977. Studioso di tradizioni popolari e di linguistica sarda, ha pubblicato vari saggi sull’identità e sull’autonomia della Sardegna.