PASQUALE FUNEDDA

UN PRIVILEGIO

Ho avuto il privilegio di conoscere Peppino Catte, al quale mi legava una profonda stima e intensa amicizia costruita e coltivata quando ancora adolescente frequentavo la Federazione Giovanile Comunista nuorese.

Siamo nei primi anni ‘50 e il PCI aveva a Nuoro tra i suoi dirigenti il fior fiore degli intellettuali nuoresi. Molti di loro tenevano lezioni di storia e dottrina politica ai giovani iscritti.

E uno di questi era Peppino, allora docente di lettere nel Liceo Classico “Giorgio Asproni”.

Di lui colpiva il modo semplice, non cattedratico di spiegare la storia, la politica e l’importanza della politica nella formazione del cittadino; la modestia nel porgere tesi e argomenti storici complessi, rendendoli chiari e comprensibili anche ai meno scolarizzati. Le sue lezioni erano le più frequentate. Ti faceva sentire a tuo agio. Si annullavano le differenze di età e di censo. Trasmetteva con la forza delle argomentazioni, conoscenza e serenità; alle domande di noi ragazzi rispondeva in modo garbato e convincente. Era il Maestro! Come non chiamare Maestro chi ti fa sentire uguale e ti spiega che l’uguaglianza è il contrario del privilegio e che per ottenerla è stato necessario combattere e che l’arma più potente è la conoscenza?

Una lezione indimenticabile fu quella sulla democrazia. Partendo da Socrate ci parlò dello “spirito del dialogo”: la democrazia è discussione, ragionare insieme; coloro che si ritengono superiori agli altri odiano il confronto delle idee e sono, quindi, nemici della democrazia. Chi ha avuto la fortuna di stargli vicino non poteva che riceverne benefici. Per quanto mi riguarda gli devo molto e ancora oggi mi è difficile aprire un libro senza pensare ai suoi incitamenti e consigli ad approfondire davanti a dubbi e incertezze.

Quando lasciammo il PCI, dopo la pubblicazione del rapporto Kruscëv e l’occupazione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici, avere vicino un uomo come Peppino Catte mi ha aiutato a superare una crisi esistenziale traumatica: rapporti e amicizie che finivano; persone con le quali fino al giorno prima discutevi amichevolmente ti ignoravano quasi fossi diventato invisibile ai loro occhi; disorientamento ideologico, crollo di certezze che il Partito-Chiesa ti aveva dato fino ad allora. Era difficile capire come fosse potuto accadere che quello che credevi fosse il migliore dei mondi possibili avesse generato terrore e atrocità inimmaginabili. Solo una guida ferma e un dialogo costante con una persona del livello morale e della disponibilità di Peppino ha evitato che si rinnegassero i valori e i principi che erano alla base del nostro essere.

Per noi che avevamo lasciato il PCI Peppino era punto di riferimento. Ci riunivamo con frequenza, spesso nella sua casa di piazza S. Giovanni. Si analizzava il passato e si prestava attenzione al presente, cercando un’alternativa, che alcuni di noi vedevano nel Partito Socialista Italiano di Pietro Nenni. Si parlava di alternativa socialista, di riforme di struttura, di rapporti con i cattolici. Io ascoltavo e cercavo di capire, imparavo nuovi termini in quei dibattiti colti, dove oltre a Peppino Catte si distingueva per cultura e verve polemica Giuseppe Are. Era un “Rinascimento”.

Molti di noi aderirono al PSI, che in Sardegna era a stragrande maggioranza controllato dalla corrente di sinistra che giustificava l’aggressione sovietica all’Ungheria. Di conseguenza l’accoglienza che fu riservata, non a me che poco contavo, ma agli intellettuali del livello di Catte, Are e Sebastiano Dessanay non fu certo calorosa. Considerato che l’accesso alle strutture del Partito ci veniva precluso, si costituì un circolo culturale col nome del quotidiano “Avanti!” che, grazie all’impegno di coloro che facevano capo a Peppino Catte e ad un gruppo di simpatizzanti, fra i quali molti giovani lettori de “Il Mondo” di Pannunzio, divenne una fucina di cultura nella quale, fra le varie attività culturali, l’educatore Catte riprese a formarci con le sue lezioni.

Ho fatto ancora tanta strada vicino a lui e non so dire se sono stato un bravo allievo; so che egli non ha mai smesso di insegnare. Oggi, che nella politica prevale l’interesse personale sul generale e l’etica è diventata per molti governanti una parola sconosciuta, dovremmo ripassare le sue lezioni.

Grazie, Peppino.


Pasquale Funedda operò nella federazione giovanile comunista provinciale di Nuoro fino al 1956, anno in cui lasciò il PCI per aderire al PSI. Ha ricoperto diversi incarichi nella segreteria regionale del PSI ed è stato membro del Comitato centrale di questo partito. Consigliere comunale di Nuoro in diverse legislature. Dirigente regionale del movimento cooperativo.

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